Sabatini: "La Roma già esiste. Il progetto è solo al 50%. Pjanic il migliore dei nuovi. Juan non è un giallo! A gennaio torneremo sul mercato, De Rossi non andrà via. Luis Enrique ci è piaciuto da subito"
Walter Sabatini ha rilasciato una lunga dichiarazione a romanews.eu.
Domenica prossima la Roma sfida il Palermo. Per lei un nuovo tuffo nel passato, subito dopo la partita contro la Lazio…
“Si, ma questo è molto più sentito. Il Palermo è stata la mia utopia, solo parzialmente realizzata… Pensavo che potesse essere un laboratorio permanente per produrre risultati con un certo metodo e in parte ci siamo riusciti. Due anni fa abbiamo sfiorato la Champions e poi sciaguratamente la Roma ha perso con la Sampdoria. Ero davanti alla tv e tifavo vergognosamente per la Roma, ovviamente per un mio interesse personale. Dopo il primo tempo potevano stare 6 a 0 e a me serviva che la Samp non facesse i 3 punti. Anche col pareggio saremmo passati noi, per questioni di differenza reti. Dopo un finale di primo tempo da 5 a 0 avevo una leggera inquietudine, ma non potevo immaginare che sarebbe finita in quel modo: 1 a 1 e poi 2 a 1… Vedevo Ranieri in panchina che diceva ai giocatori: ‘Perdere è come pareggiare’. E io pensavo: ‘No il pareggio va benissimo!’ (ride). Poi la Roma ha perso quella partita e il Palermo, la domenica successiva, non ha vinto lo scontro diretto con la Samp. Ecco, la mia utopia calcistica si sarebbe realizzata compiutamente. La Champions a Palermo era il mio obiettivo: arrivarci con un metodo e delle scelte particolari; con un allenatore demiurgo e via dicendo… Ho avuto grande rammarico per questo percorso non realizzato, ma sono stati tre anni molto belli. Anzi l’ultimo è stato dimezzato visto che mi sono dimesso a dicembre”.
Il suo Palermo era allenato da Delio Rossi. E’ stato un rammarico non poterlo portare alla Roma?
“No, non poteva essere l’allenatore della Roma per tutta una serie di considerazioni. Non perché non abbia lo spessore per allenare la Roma… E’ che la Storia è Storia. Non aveva il profilo per allenare la Roma. Il valore di Delio Rossi è da Roma e anche da Inter, ma le caratteristiche che cercavamo erano diverse”Zamparini ha paragonato Roma e Palermo, definendoli due ‘cantieri in costruzione’.
Condivide questa affinità tra i due club?
“Il Presidente ha molto buon senso, nonostante le iperboli che ogni tanto tira fuori. E’ assolutamente vero che la Roma è in costruzione, non solo nella scelta dei giocatori: acquisizione di mentalità, voglia di giocare un certo tipo di calcio, di imporre una cultura alternativa. Non voglio tornare sulle parole ‘progetto’ o ‘rivoluzione culturale’: quando li ho usati avevano funzionalità, ora siamo dentro alle cose che stanno nascendo tutti i giorni. Le scelte che sono state fatte a monte sono state rivoluzionarie. Io prima sono sceso negli spogliatoi con Franco Baldini ed è successa una cosa che è veramente rivoluzionaria, anche se sembra minimale: tutta la squadra, che alle dieci e mezzo deve scendere in campo, alle nove e quaranta era già a disposizione. Tutti presenti, ognuno con le sue forti motivazioni ed il lavoro introduttivo all’allenamento. Sono certo che questo sia rivoluzionario: è la cultura del lavoro ed è stata trasferita nei giocatori dall’allenatore”
Dunque, i giocatori stanno acquisendo le regole di Luis Enrique. La Roma, in percentuale, a che punto è del percorso che avete programmato?
“Il progetto tecnico-tattico è al 50%, ma le abitudini e i comportamenti ormai sono vicini alla perfezione, anche se la perfezione non è né del calcio né della vita. Siamo vicini al modello che vogliamo, diciamo che da questo punto di vista siamo all’ 80%. Merito dei calciatori e dell’allenatore: hanno un rapporto che posso dire autorevole, non autoritario… Direi empatico, un rapporto diretto. Non c’è accettazione pigra dei suoi dettami, c’è accettazione reale. I ragazzi riconoscono l’autorevolezza dell’allenatore. Questo ci induce a pensare che la Roma abbia un futuro importante davanti a sé, con questo gruppo di lavoro”.
Chi del ‘suo’ Palermo potrebbe giocare in questa Roma?
“Non voglio fare nomi particolari, non voglio ferire nessuno. E’ inevitabile che dicendone uno andrei a colpire chi gioca qui nello stesso ruolo. Anche se il profilo e la caratura tecnica per giocare con noi ce l’hanno in tanti da quelle parti”.
Si dice che la Roma andrà valutata dopo Natale. E’ una valutazione che condivide?
“No, io aspetto la prossima partita della Roma per valutare la Roma. Andiamo un passo alla volta. Mi sembra improprio prendermi dei tempi troppo comodi: la Roma esiste, non è una promessa. La gente non deve percepirla come una promessa, è una squadra in attività e deve produrre il risultato. Ha la qualità e le caratteristiche per farlo. Sarebbe comodo parlare di programma triennale, ma la gente non vuole sentire queste cose. I tifosi sono più maturi di noi, non hanno bisogno di messaggi per stare tranquilli. Loro hanno capito tutto. Gli sportivi della Roma sono andati oltre la nostra ‘rivoluzione’; la stanno facendo loro la vera rivoluzione, dimostrando pazienza, tolleranza, ottimismo. Sinceramente sono sbalordito: ci hanno superato e ora siamo noi a doverci adeguare a loro! La Roma non è di DiBenedetto, di Baldini, o di Sabatini: è della gente. E la gente è andata oltre”.
Si dibatte sul cambio di rotta intrapreso nelle ultimissime partite a livello tattico: la squadra fa meno possesso e più verticalizzazioni. Diciamo che si è un po’ italianizzata. Luis Enrique sta tornando sui suoi passi?
“No, è un aggiustamento fisiologico e non credo che il tecnico sottoscriva al 100% questo atteggiamento della squadra. Combattono per trovare la giusta sintesi. Con la Lazio abbiamo giocato troppe volte con palla lunga evitando il fraseggio. E’ un problema di sintesi, è quello che sta cercando Luis Enrique tutti i giorni e che troverà: è troppo motivato, preciso negli interventi, chiaro nell’esposizione del proprio pensiero calcistico per non farcela. Siamo in attesa di trovare la sintesi più proficua tra l’essere una squadra un po’ barocca ed un’altra mortifera e verticale. La stiamo cercando e sono certo che la troveremo”.
Chi tra i nuovi arrivati si è calato meglio nella nuova Roma ed ha già ricambiato la fiducia di Luis Enrique?
“Sicuramente Pjanic : è entrato con tranquillità ed autorevolezza negli schemi della Roma. E’ arrivato e non è mai uscito dal campo. Lo preferisco nel ruolo di intermedio, ma è bravo anche in altri settori, in particolare a trequarti campo. Ha giocato subito con la serenità richiesta, quella che serve per stare nella Roma. Anche gli altri hanno dato segnali. Lo stesso Kjaer, criticato in maniera esagerata dopo il derby, ha dato segnali. Gago, poi, ha giocato una buonissima gara contro la Lazio. Credetemi, tutti hanno dimostrato da essere da Roma”.
Osvaldo merita un discorso a parte: tanti gol, tanto scetticismo e la fiducia di Luis Enrique…
“Nelle sue prestazioni rilevo una caratteristica che lo assolve a prescindere: è generoso ed regala gol. Segna con una continuità che tranquillizza poi, è generosissimo. Contro la Lazio, ha combattuto come un leone, ha recuperato palloni a tutti campo. Dentro ci sta mettendo cuore, forza, e massima disponibilità”.
Tutto chiaro. Qualcuno, però, si domanda ancora cosa abbia in più di Borriello…
“Marco ha fatto sempre bene quando ha giocato. Arriverà il suo momento e farà le stesse cose che sta facendo Osvaldo. Siamo contenti che sia qui con noi, ma anche consapevoli che non sta vivendo un periodo facile. E, in attesa che arrivi il suo momento, potrebbe avvilirsi un po’ e cadere in depressione…”.
Una ‘depressione’ che curerà qui a Roma o altrove?
“La curerà qui, ne sono certo. Serve solo una coincidenza fortunata. Borriello rimarrà a Roma, a meno che non debba convivere con uno stato d’animo totalmente negativo. Ma lui è propositivo e orgoglioso, non rinuncerà ai colori giallorossi”.
Lamela è erede di Totti?
“Il Totti del domani non è ancora nato. Francesco è un giocatore insostituibile e nessuno che potrà agire al suo posto. Ci sono calciatori che non possono essere surrogati: Maradona non è mai stato surrogato, Rivera lo stesso e Totti non lo sarà mai. A prescindere dal valore di Lamela, che è innegabile”.
Kjaer: lei lo ha voluto fortemente. Dopo quanto accaduto nel derby crede sia sempre un giocatore da roma?
“Facciamo chiarezza: tutti i giocatori li ho voluti io. Ho questa foto (indica il quadro che ritrae i nuovi arriva ndr), che non espongo per rispetto verso gli altri, visto che sono il direttore sportivo di tutti, anche delle ragnatele che sono qui a Trigoria. L’ho portato qui e per forza credo che sia da Roma. Sta facendo e ha fatto errori, ma li correggerà, perché ha doti intrinseche straordinarie. Fisicità e velocità, impatto e tante altre cose. Paga un dazio altissimo per un errore letale in una gara delicata e per ottenere il perdono dovrà fare una serie di prestazioni senza sbavature. Ma avrà tempo e modo di farlo.”
Quanto tempo ci vorrà?
“Bisogna che faccia una serie di partite importanti, bisogna che capisca e lavori in allenamento per correggere le distrazioni in cui cade. Lo considero un patrimonio della Roma. Poi, a fine anno, vedremo cosa accadrà. La Roma nasce per andare avanti. E’ venuto in prestito con opzione di acquisto e bisogna dargli tempo e modo di farsi apprezzare. Quando giocherà come sa fare e, in parte già lo ha dimostrato, ne riparleremo. Ho in mente ancora tutti i titoli dei giornale dopo la partita con l’Inter. Se è in grado di fare una grande partita, dobbiamo metterlo nella condizione di fare normalmente grandi partite. Dipende da noi: dall’ambiente, dai compagni.”
Heinze, nel rapporto qualità prezzo, è stato il migliore acquisto della Roma?
“Non riesco mai a fare ragionamenti commerciali sui calciatori. Non è un mio modo di pensare al calcio. Quando penso ai 9-10 nuovi arrivi della Roma , è come se li avessi mo pagati 4 milioni ciascuno. E’ un conto grossolano e se mi sente Fenucci mi straccia il cartellino… Questo però è il costo medio dei nuovi acquisti della Roma. L’acquisizione di Heinze è stata veramente importante, per il suo valore e per quello che trasmette al gruppo per lui ogni allenamento è una partita ed è straordinariamente generoso con i compagni. Prodigo di consigli verso i compagni, una scelta giusta”.
Già, oggi conta quasi più di Juan, che tutti descrivono come un giallo: se ne andrà a gennaio?
“Oggi nessun giocatore della Roma è sul mercato. Juan ha avuto dei problemi e Luis Enrique non lo ha conosciuto fino in fondo. E’ solo un mese che si è riaggregato al gruppo ed è normale che debba recuperare il tempo perduto, perché il tecnico non lo ha ancora messo a fuoco…”
E’ possibile che esigesse un ruolo da titolare che non si è visto riconoscere?
“Nella Roma questa regola , mi pare non valga per nessuno. Juan è un ragazzo leale, non ha mai manifestato certe esigenze, non ha mai dato segnali di insubordinazione. Salvo il fatto che oggi è un calciatore in sofferenza, come Borriello ed altri. E per questo va capito.”
La campagna acquisti fatta è adatta al 100% alle richieste di Luis Enrique?
"Non al 100%, non c’è mai una campagna acquisti che assecondi totalmente l’idea di un allenatore. Però abbiamo cercato di starci il più vicino possibile. Direi che siamo al 60%, che è già un bel numero".
Chi ha condotto le operazioni di mercato? Lei, Baldini o Luis Enrique?
"Il tecnico ha fatto delle segnalazioni che la società ha visionato. Alcune si sono tradotte in acquisti, altre no. La tendenza è stata comunque quella di stare vicino alle sue richieste".
Se il 60% del mercato fatto premia le scelte di Luis Enrique, il restante 40% se lo è diviso con Baldini?
"No, così pare che Luis Enrique abbia preso sei giocatori e io e Franco quattro. Io intendo dire che i ragazzi arrivati e quelli rimasti sono adatti al 60% rispetto al calcio che vuole fare il nostro allenatore. Non parlo del loro valore, ma delle loro caratteristiche. Questa la considero una quota più che sufficiente per esprimere il calcio che Luis Enrique ha in mente. Per spiegare meglio come lavoriamo: Bojan ci è stato segnalato dal tecnico, ma è altrettanto vero che lo avremmo preso comunque se ci fosse stata l’occasione. Gago è ascrivibile a Franco Baldini per la sua storia personale, ma la verità è che abbiamo studiato tutti assieme le situazioni di mercato e abbiamo scelto di prenderlo. E’ chiaro che poi i rapporti del giocatore con Franco hanno reso più facile l’operazione".
Il mercato estivo della Roma è stato troppo costoso?
"Non lo reputo un mercato troppo costoso: mi sembra più una mozione di qualcuno che ha interessi a far passare questo concetto… Si è scatenata una sorta di contestazione: ad un certo punto tutti hanno scoperto che 15 milioni per Vucinic erano pochi, invece quando sono arrivato sembrava che il montenegrino fosse inviso a tutti. Poi improvvisamente quando l’ abbiamo venduto a 15 milioni, e dovevamo farlo, sono arrivate le critiche. Qualcuno dice anche che 9 milioni per il vituperato Menez erano pochi. Io non ascolto queste cose. Di una cosa sono certo: oggi se vogliamo vendere Osvaldo a 20 milioni lo vendiamo. Il mercato diventa costoso se i calciatori si dimostrano non adeguati".
Lei disse che avrebbe portato in giallorosso 6-7 animali e 4-5 artisti. Poi invece vi siete orientati principalmente su giocatori tecnici. Può indicarci un calciatore fisico che aveva in mente e che però poi non è entrato nel progetto?
"Pensavo di prendere Fernando del Porto, poi ho visto De Rossi esaltato in quel ruolo, il tecnico molto contento e ho cambiato obiettivi. Effettivamente abbiamo cercato di fare scelte che andassero più sullo spessore tecnico dei giocatori, questo per assecondare il modello di gioco di Luis Enrique. Il calcio d’altronde è così, si cambia idea tutti i giorni. Diffidate di chi non cambia idea e difende una scelta a tutti i costi".
La Roma tornerà sul mercato a gennaio per puntellare qualche reparto?
"Si, torneremo sul mercato. Non posso indicare pubblicamente quali sono i reparti su cui interverremo, ma ci saranno operazioni sia in entrata che in uscita. Lavoreremo per migliorare la qualità della rosa".
Casemiro lo vogliono tutti e Rafael è un portiere molto interessante…
"Casemiro lo volevamo perché c’è stato un momento in cui potevamo prenderlo a certe condizioni. Alle condizioni attuali è impossibile. Rafael non lo abbiamo mai trattato, non ci abbiamo pensato minimamente. Alla Roma non serve un portiere: Stekelenburg è straordinario e difenderà la porta giallorossa nei prossimi anni".
La Roma è un po’ carente sugli esterni: è questo il reparto da rinforzare?
"Ci serve ancora tempo per prendere questo tipo di decisioni. Voglio ricordare però che ci sono giocatori chenon hanno espresso a pieno il proprio valore, come Cicinho e Cassetti che hanno giocato poco o Rosi che sta facendo molto bene. Inoltre Jose Angel è il miglior fluidificante della serie A, è stato un investimento importante e farà una carriera di grande livello".
A tal proposito, la maglia di Jose Angel è tra le più richieste nei Roma Store: la sua e quella di Bojan sono le più vendute, dopo quelle di Totti e De Rossi…
"Bojan è l’enfant prodige del calcio spagnolo. Il suo gol contro l’Atalanta è da fenomeno: su una traiettoria difficile esegue uno stop perfetto, poi sposta il pallone e infine incrocia il tiro con l’altro piede. In una sola situazione mette dentro tre gesti incredibili".
Tuttavia c’è il rischio che possa essere solo un giocatore di passaggio?
"E’ della Roma per 2 anni e poi c’è la possibilità di riacquistarlo. Ora ci sono delle condizioni pesanti, ma possono cambiare nel tempo, tutto è rinegoziabile. La gente non deve non affezionarsi a Bojan considerandolo transitorio. Potrebbero verificarsi le condizioni perché diventi un giocatore stabilmente della Roma. Anzi io sono certo che si fermerà a Roma anche dopo. Il ragazzo si sta innamorando di questa squadra e magari già da gennaio torneremo a trattare col Barcellona".
Guardiola dice che tornerà al Barça…
"Non so come fa a dirlo e in ogni caso potrebbe non esserci più lui ad aspettarlo. E’ ancora tutto da vedere, ma sono molto fiducioso: Bojan può diventare un simbolo di questo club".
Cosa risponde a chi dice che i migliori sono sempre quelli della vecchia guardia?
"Beh speravo e in fondo sapevo che la vecchia guardia avrebbe costituito la struttura trainante della squadra. Ci mancherebbe altro! Nessuno ha mai detto: ‘La nuova Roma sarà la vera Roma’. Abbiamo parlato di integrazioni, non abbiamo nessuna intenzione di far sparire la spina dorsale della squadra".
Quanto tempo ci vorrà perché questi due nuclei di giocatori si integrino al meglio e arrivino a dare lo stesso contributo?
"Sarà fisiologico. Calcisticamente ci vogliono due anni. Non sono abituato a darmi dei bonus così importanti, però non si può pensare che ci voglia di meno, sarebbe una pretesa assurda. Arriveremo ad un giusto equilibrio e prima di arrivarci saranno i senatori a portarci avanti".
Capitolo cessioni: la Roma non ha piazzato tutti i giocatori che voleva. Non è riuscita a imporsi sui tesserati?
"I contratti sono difficili da affrontare. Dico che la Roma ha fatto tutto quello che doveva fare e che non esiste un’operazione che non possa venire contestata. Questo vale per tutte le squadre del mondo, non solo per la Roma".
Sarebbe giusto mettere fuori rosa chi non accetta una destinazione?
"Questo è ancora oggetto di confronto. Il contratto collettivo è in scadenza ed è stato prorogato di un anno. E’ chiaro che le società non possono essere sempre perdenti rispetto ai giocatori, però in generale credo che quando i contratti ci sono vadano onorati".
I contratti vanno onorati: questo messaggio lo stanno recependo anche i calciatori?
"Si certo, i nostri giocatori rispettano le regole in maniera sbalorditiva. Abbiamo la fortuna, perché di fortuna si tratta, di avere uno spogliatoio di ragazzi straordinari: sono leali, seri, corretti. Io a una squadra chiedo principalmente due cose: lealtà e generosità. Tutta la squadra esprime al massimo queste due qualità".
E’ assurdo pensare che in questa armonia De Rossi possa andare via…
"Ma nessuno ci pensa, De Rossi non andrà via. Dico solo che non andrà via, glielo impediremo! (sorride). Non può andare via, nessuno di noi vuole che vada e nemmeno lui vuole lasciarci. Non voglio entrare nella vicenda, ci vuole totale riservatezza e non voglio che il privato del giocatore venga sbandierato. Dico solo che gli impediremo di andarsene. Ci avvicineremo. E Lui stesso si ‘auto-impedirà’ di lasciarci (sorride)".
Dovremo aspettare molto per questo regalo?
"Succederà nel corso dell’annata. Intanto gioca con tranquillità totale nonostante il contratto in scadenza. Lui è un calciatore particolare, è un uomo senza paura, è un ragazzo estremamente coraggioso".
C’è stato qualche problema anche con Totti…
"Ci sono calciatori che non saranno mai un problema e Francesco è tra loro".
Però abbiamo rischiato di perderlo.
"No, non abbiamo mai rischiato di perderlo. Determinate situazioni hanno generato equivoci, ma nessuno ha mai messo Francesco in discussione. Mi spiace invece avere dovuto rilevare – ma questo fa parte degli aspetti tossici della comunicazione – che qualcuno abbia ipotizzato una mia conflittualità con Totti. Questo mi è molto dispiaciuto. Della mia conferenza stampa sono state colte ad arte alcune cose che non esistevano: quella era una conferenza per Totti e qualcuno l’ ha interpretata come una conferenza contro Totti. Io ho fatto qualche equilibrismo dialettico, ma c’è stata feroce volontà di leggere maliziosamente le mie parole. Quel giorno dissi una cosa reale che si stava concretizzando: la squadra era totalmente oscurata, era diventata un esercito di figuranti opacizzati. Il classico coro del teatro greco e in primo piano c’era dell’altro. La nostra era una squadra in attività totalmente oscurata. Io ho detto che Totti non poteva permettere che attorno a lui si dipanassero tutte queste cose, che poi portavano a togliere dal palcoscenico 28 giocatori. Ho detto che non doveva permettere che la gente giocasse sui suoi problemi supposti. E’ per questo che gli ho chiesto di rivisitare certe posizioni. Sono un dirigente che ha fatto una richiesta a un suo grande calciatore, credo di poterlo e doverlo fare".
Da quanto Totti ha parlato con lei, la crisi è stata risolta.
"Questo però la gente non sembra averlo notato! (ride) Nessuno ha evidenziato che siamo andati verso la normalizzazione totale, che poi è l’obiettivo di chi fa il mio mestiere. Oggi comunque sono più diffidente e so che non posso pretendere di venire interpretato oggettivamente".
Ha mediato anche con Luis Enrique?
"Le cose di gestione quotidiana sono irriferibili. Non ho convinto Luis Enrique né nessuno. Lui si è convinto da solo e Totti si è adeguato ai comportamenti di cui parlavo. Non si è rimesso in riga, i due si sono sintonizzati spontaneamente, come due persone intelligenti che occupano ruoli fondamentali in una società di grande rilevanza".
Una provocazione tattica: De Rossi più alto in mezzo al campo e Totti più vicino alla porta. Potrebbero essere due formule magiche per avvicinarsi al successo?
"Qui c’è la forte tentazione di fare mille distinguo tecnico-tattici, ma queste valutazioni spettano a Luis Enrique. Io avevo ipotizzato un De Rossi più alto, ma poi il campo mi ha contraddetto. Non penso che Totti debba giocare più avanzato perché poi si stringono gli spazi e i giocatori avversari possono colpirlo più facilmente. Totti è un grande play-maker e può interpretare questo ruolo in una porzione di campo piuttosto che in un’altra".
Lei finora ha rappresentato la Roma in tutto e per tutto. L’arrivo di Baldini la costringerà a tornare nell’ombra?
"Sarà così, è quello che voglio. Per me è un privilegio lavorare lontano dai riflettori: ci sono tante cose che devo fare e preferisco farle sotto traccia. Normalmente a quest’ora (11.30 del mattino) dovrei giò aver visto un paio di partite. Baldini rappresenterà la Roma al meglio: farà tutto quel che serve perché squadra e società si sviluppino ulteriormente".
Avete sicuramente due grosse personalità: ci sono mai state frizioni tra di voi?
"Non ne abbiamo avuto il tempo, ora ne faremo di discussioni… (ride). Siamo molto vicini sul pensiero calcistico e questo è quello che conta qui dentro. Poi nella vita lui ha tanti interessi che io non ho e siamo diversi sia nella maniera di esprimerci che di porci".
Siete contenti/scontenti in egual misura di questa Roma?
"Su questo non mi sono confrontato con lui, anche perché ad oggi Franco ha ancora una percezione esterna della situazione. E’ Baldini che mi ha voluto qui, mi ha chiamato lui: questo è il presupposto per cui non può esserci alcuna dicotomia tra di noi. Io certo vivo le cose in maniera diversa, lui ha filtri intellettuali diversi dai miei".
Cosa manca a Luis Enrique per diventare un allenatore al ‘top’?
"E’ già un allenatore top. Gli manca soltanto la storia, ma non è colpa sua, è ancora giovane".
Eppure viene da una Serie B, come si fa a definirlo già un allenatore di primo ordine?
"Perché vedo come allena, vedo quanto studia e come i giocatori recepiscono i suoi dettami".
E’ maniacale?
"Non direi, è molto puntiglioso".
Lo ritiene l’allenatore del futuro?
"Il mio auspicio forte è che resti qui, è un mio grande desiderio e lavorerò per questo. E’ un allenatore forte, straordinario. Il suo problema non lo può risolvere lui: è giovanissimo, questo è un privilegio ed un problema al tempo stesso, perché non ha ancora una storia che possa collocarlo tra i migliori…".
Non teme che verrà tentato da altri club?
"Lui oggi considera la Roma tra le prime squadre europee, ma questo pensiero è prematuro".
Luis Enrique lo ha scelto Baldini, vero?
"E’ stata una scelta spontanea di entrambi, sembra incredibile, ma è andata così. Una convergenza quasi prepotente, una cosa del tutto casuale. Mi è stato segnalato verso maggio da un procuratore italiano, ma non vi faccio il nome. Qualcuno mi ha ha inviato del materiale che lo riguardava: ritagli di giornale, vecchie interviste, dichiarazioni ecc. Dopo aver letto i suoi pensieri ho chiamato Franco e gli ho chiesto: ‘Prenderesti uno che dice queste cose, che pensa queste cose?’ e lui: ‘Prendiamolo subito!’, senza nemmeno sapere di chi stessi parlando. Poi gli ho detto chi era e Franco è andato subito ad incontrarlo".
Quando la piazza sognava Ancelotti, voi già guardavate i dvd di Luis Enrique?
"Si, è stata una cosa immediata, un’alchimia istantanea: Luis Enrique ci è molto piaciuto sin da subito".
Passiamo a un tema delicato: la proposta di radiazione che la riguarda.
"Molti hanno usato questa storia per colpirmi professionalmente e molti continuano ad usarla. Ma non saranno queste piccole tavole rotonde che mi impediranno di portare avanti il mio mestiere. Continuerò a lavorare come ho sempre fatto. Aggiungo che forse sarebbe il caso di parlare meglio di questa vicenda e prometto che presto lo farò con voi, visto che vi siete interessati all’argomento".
Totti e DiBenedetto parlano d 5 anni per diventare grandi. Non le sembrano troppi?
"Si, sono troppi. Loro sono stati giustamente prudenti, ma la prudenza non è una mia prerogativa. Direi di abbassare la soglia: dobbiamo diventare competitivi e lottare per vincere nel giro di due anni. Però la loro piattaforma è da sottoscrivere".
In cosa deve ancora cambiare la Roma per diventare una big in Italia e in Europa? Mentalità, gioco, ambiente, armonia…
"E’ già una big. Mentalità, gioco, ambiente: i cambiamenti sono in atto, è una cosa progressiva. Dovremo naturalmente fare selezioni e scelte successive: dobbiamo essere tutti disposti, nessuno escluso, a metterci in discussione tutti i giorni".
Ad oggi, alla luce del derby perso e in vista dell’ottava giornata, a che punto è la Roma in percentuale?
"Direi al 60%. Se faccio riferimento ad alcune cose viste anche durante il derby posso stare tranquillo, ma ci sono ancora troppo segnali di discontinuità nei 90 minuti. Pause troppo ricorrenti che dobbiamo correggere al più presto".
A proposito di derby, ci levi una curiosità: come giudica l’esultanza di Olvaldo?
"La sua maglietta non ci è piaciuta, anche se voleva essere un gesto simpatico verso un compagno infortunato. Osvaldo non ha alcun sentimento ostile nei confronti di chiccessia, ma avremmo preferito non vederla".
Uno sguardo al Settore Giovanile. E’ arrivato l’ottimo Tallo ed è stato provato Florentin, poi andato al Cesena. Agli americani piace la linea verde: avete stanziato un budget preciso?
"No, ma la società mi ha dato facoltà di intervenire. L’operazione Tallo è a cavallo tra Settore Giovanile e Prima Squadra. Alberto De Rossi si occupa della ricostruzione/costruzione di questo giocatore, che ora sta facendo molto bene, come di altri giovani noti cresciuti nel nostro Settore Giovanile quali Viviani, Verre, Caprari… Mi scuso se ne dimentico qualcuno".
Una curiosità: perché firma sempre per un anno?
"Perché la società deve avere facoltà di cambiare direttore sportivo senza vincoli. La società deve essere libera di fare un’altra scelta senza il patema di un contratto a lunga scadenza. E’ uno stimolo per me e per la società. Io mi metto sempre in discussione, ho sempre fatto così, solo una volta con Zamparini ho fatto due anni".
Se DiBenedetto glielo chiedesse firmerebbe per 5 anni?
"No, nemmeno se me lo chiedesse lui".
Siamo ai saluti: il taccuino è pieno e la ceneriera è colma. A proposito, quanto spende di sigarette al mese?
"Facendo un calcolo delle sigarette accese sino ad oggi, direi che mi sono fumato un bilocale di piazza di Spagna! Da trent’anni a questa parte non faccio altro che parlare di calcio e comprare sigarette! (ride)".