Sabatini: "Lamela? Abbiamo preferito cederlo. Clausola alta sul contratto di Ljajic". FOTO! AUDIO!

13.09.2013 13:49 di  Gabriele Chiocchio  Twitter:    vedi letture
Sabatini: "Lamela? Abbiamo preferito cederlo. Clausola alta sul contratto di Ljajic". FOTO! AUDIO!
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Alle ore 12.30 nella Sala Conferenze del Centro Tecnico Fulvio Bernardini di Trigoria si è tenuta la conferenza stampa del direttore sportivo Walter Sabatini. Vocegiallorossa.it vi propone la diretta testuale dell'evento.

AS ROMA, CONFERENZA STAMPA DI WALTER SABATINI, CANALE SOUNDCLOUD DI VOCEGIALLOROSSA.IT

Questo mercato è stato particolarmente difficile anche dal punto di vista personale?
"Nessuno mi ha obbligato a vendere Lamela. È stato un mercato duro, venuto dopo il 26 maggio in una dimensione psicologica compromessa. Abbiamo dovuto raccogliere quel che restava di noi e cercare di ricostruire. È stato un mercato con moltissime difficoltà, ma l'abbiamo concluso in maniera soddisfacente, vedremo meglio cosa questo significherà. Abbiamo costruito una squadra competitiva, ma l'ho detto anche l'anno scorso e due anni fa, devo continuare a dirlo perché sono in buona fede. Quest'anno, accogliendo anche molte osservazioni che avete fatto, perché alcune osservazioni sono state recepite, sono state fatte scelte diverse da quelle che sarebbero state fatte in un'altra circostanza".

Lei disse che un allenatore che non mette in campo Lamela non capisce molto di calcio. Cosa pensa di una società che lo vende?
"Penso che il calcio, questo calcio ma anche quello del passato, sia un calcio dinamico. Tutti i giorni propone sollecitazioni che non potevi prevedere il giorno prima. Abbiamo fatto le nostre riflessioni circa la possibilità di intervenire su questo o quel calciatore. Mai abbiamo pensato all'inizio di voler cedere Lamela, poi nel tempo, intervenuti fattori nuovi che non dipendevano da noi, abbiamo preso in considerazione questa eventualità, di certo non a cuor leggero perché cedere Lamela ci ha portato a una situazione di sofferenza ampiamente condivisa in società. Nel momento in cui abbiamo preso questa decisione era la decisione da prendere, perché era cambiato lo scenario intorno a lui, anche a causa di un intervento esterno di un'altra società che gli ha fatto un'offerta ragguardevole che non avremmo voluto e potuto pareggiare. Non potevamo non tenere presente lo stato d'animo del giocatore, sarebbe stato difficile rinegoziare un contratto a quelle condizioni. È stato un fattore nuovo, imprevisto, che si è concretizzato in un certo momento e che ha cambiato non la testa di Lamela ma i desideri di un gruppo di persone intorno a lui. Piuttosto che fare una battaglia, abbiamo deciso di accettare un'offerta. Mesi prima avremmo venduto il calciatore a una cifra maggiore. È stata una scelta".

La Roma era teoricamente competitiva anche nelle ultime due stagioni. Ritiene di aver creato una Roma più forte dello scorso anno?
"Questa è una Roma forte, molto diversa da quella dell'anno scorso. L'anno scorso abbiamo pensato che il talento, da solo, bastasse per imprimere una strada, un percorso da fare e farlo brillantemente, perché di talento ce n'era molto. Abbiamo dovuto, con molta attenzione, guardare al fatto che non si concretizzava niente di importante, che la squadra sarebbe decollata e avrebbe potuto produrre un risultato consono ai pensieri della gente e che non ci siamo riusciti e siamo tornati a cambiare ancora".

Lei ha rinnovato il suo contratto a maggio, prima della finale di Coppa Italia. È stata una sorta di assicurazione o un modo per rivendicare un modus operandi?
"Io ho firmato il contratto quando mi è stato sottoposto, non ho fatto altre valutazioni. Firmo un contratto all'anno e poi lascio la proprietà libera di operare scelte diverse senza venire a discutere, mi pare un modo di lavorare corretto. Ho firmato anche quel contratto poco prima del 26 maggio, non so se sarebbe cambiato qualcosa. Era tutto previsto".

Due anni fa disse di essere stato scelto per un certo tipo di progetto. Ha mai pensato di non essere più compatibile con la nuova Roma?
"Ci ho pensato, ma non ravviso nelle scelte fatte quest'anno una dismissione di un impegno o di un'idea, sono entrati ragazzi esperti ma anche '90 e '91, sono entrati ragazzi di età media come Gervinho e Benatia. Non penso ci sia stata una scelta netta, siamo ancora noi e ci sono calciatori ulteriormente giovani come Destro, Romagnoli, Florenzi. Non la vedo come una totale distruzione di quello che era stato fatto. Abbiamo solamente cercato di mettere caratteristiche precise, individuate e sicure, che attengono alla personalità e al loro carisma e forza di imporsi. Credo che si stia creando una diversa dinamica interna, c'è una relazione forte tra nuovi e vecchi e questo credo che serva molto. Se prendiamo Maicon sappiamo che entrando nello spogliatoio e uscendone per entrare in campo, in qualche misura incute timore ad avversari e compagni. Volevamo gente più presente e abituata a vincere. Ci siamo riusciti, usufruiranno di questa scelta i calciatori normali che devono sentirsi protetti".

Nell'operare sul mercato ha influito l'addio di Baldini? Come ha vissuto il fatto che il Tottenham abbia preso giocatori trattati dalla Roma?
"Non è un ratto, Franco si è comportato molto bene. Sapeva che erano calciatori che stavamo trattando e si è inserito solo su quelli che la Roma ha lasciato liberi. Non ho provato alcun senso di fastidio, ha un lavoro in una bella azienda, abbiamo fatto cose giuste e leali, che due professionisti possono fare. Mi sento più libero di lavorare senza Baldini al fianco, grande amico col quale ho condiviso decisioni e sopportato altre, come lui con me. Mi sento libero solo quando sono da solo e con la gente attorno a distanza ragguardevole. A tavola non voglio la destra occupata. Questo non riguarda il Baldini essere umano, persona magnifica e mio amico, ma se faccio le cose con lui le faccio con tempi e modi sbagliati. Lui sicuramente gode della mia assenza, l'ho trovato rigenerato al Tottenham".

L'anno prossimo dove troverete le risorse per fare mercato? Cosa risponde a chi sostiene che la Roma quest'anno ha una squadra più pronta ma ha venduto il futuro?
"Ha venduto un brandello di futuro, ma non il futuro, che è solidamente a Trigoria. Abbiamo molto patrimonio, rappresentato da Pjanic, da Destro, da Florenzi, auspicabilmente da Jedvaj e Romagnoli, da Strootman, che non abbiamo preso a parametro zero con una commissioncina ma con un investimento importante. Mi permetto di dire Dodò, ci credo solo io, ma ci credo fortemente e vi convincerò strada facendo. Alla fine della stagione celebreremo Mattia Destro, che è un giocatore fortissimo con un problema che stiamo valutando tutti insieme, ma che tra due mesi sarà pronto a giocare. Al di là del suo valore che voi conoscete, perché non vi devo raccontare io degli undici gol fatti in quelle condizioni in circa venti partite, bottino da grande attaccante. Qualcuno mi fa mettere le foto segnaletiche, quando avrò recuperato il buon umore mi spiegherete perché un ragazzo forte e ben voluto si deve trovare su un giornale con una progressione di degrado, sono due foto venute una bene e una male, che producono un effetto strano che per fortuna non è verità. Destro è un giocatore da Roma, da trattare con particolare attenzione. Lavora 10 ore al giorno per tornare ai livelli che gli competono. Le risorse? Dipenderanno dai risultati della squadra che muovono i valori individuali dei giocatori, oltre a procurare le quote che vengono distribuite. Se la domanda è finalizzata a capire se la Roma è già società venditrice, assimilabile ad altre squadre come l'Udinese, la risposta è no. Lavoreremo sempre per un obiettivo, per ora mancato, di rendere la squadra competitiva. Questo non significa che non si accederà a questa nicchia di mercato che ci consiglierà, ad esempio, di vendere Pjanic  prendendo un giocatore bravo come lui che costi meno. In tutto questo concorre anche il controllo del monte salari, dobbiamo guardarlo perché è un problema che esiste. La Roma cercherà di adattarsi. Lamela è stato messo in vendita quando la Roma ha capito di poter acquisire un pari talento a condizioni vantaggiose. La Roma ha venduto Lamela e contestualmente preso Ljajic. È una dismissione tecnica, non economica".

Può rispiegare il passaggio su Pjanic?
"La Roma ha ancora calciatori di patrimonio. Ho citato Pjanic tra questi, non ho detto che lo venderò. Con Pjanic dobbiamo sistemare beghe contrattuali, ho citato lui perché è ben visto dal calcio internazionale. Vedo che non sono riuscito a rassicurare. Nonostante le cessioni eccellenti, abbiamo fatto delle scelte con alcuni giocatori sapendo che ne abbiamo degli altri. Con questo non dico che quelli forti verranno ceduti a gennaio perché non sarà così. Il mister lavora perché sa di avere una squadra competitiva, è molto contento di quel che ha in mano".

L'ingaggio di Garcia è una sua rivincita?
"È una mia scelta, fatta dopo aver scandagliato il mercato degli allenatori in lungo e in largo. Ho trovato questa persona che conoscevo dal punto di vista tecnico, non personale. Ha ritmo, idee e attenzione per portarle avanti senza invadere territori altrui. Una cosa che mi ha colpito è che quando gli ho chiesto che rapporto avesse intenzione di intraprendere con la squadra, mi ha guardato con gli occhi sbarrati ritenendola una domanda impropria e mi ha risposto dicendo che ama la sua squadra. Non è patetico né retorico, ha detto questo della sua squadra perché un grande allenatore deve avere questo sentimento per la squadra, per poterla aiutare e capire. Ho avuto la fortuna di capire cosa intendesse. Segue i calciatori con un'attenzione eccessiva, sa come deve fare con loro, cosa gli deve dire, quanti soldi gli deve togliere quando sbagliano, quali giochi costruire per alimentare una competitività interna, sa come parlare con un ragazzo. È molto bravo".

L'obiettivo minimo della stagione?
"Sono costretto a dire una cosa che mi condannerà. Penso che la squadra abbia risorse per gareggiare per le prime posizioni. La Roma deve perseguire l'idea della Champions League. Non le dico per le due partitelle che abbiamo giocato e vinto, vedo i calciatori e quanto sono cambiate le dinamiche interne. So che se entra un Maicon arrabbiato non è la stessa cosa di un giocatore dell'anno scorso. Facendo il lavoro che faccio, devo tirare in ballo i giocatori e non mi sembra tanto carino. L'effetto è diverso, così come è diverso se un giocatore come Strootman, leader di una nazionale complessa, sa quando stare in silenzio. Ha le sue certezze e le trasferisce in campo. Lui sa dove deve essere, qual è la sua azione di collagene per la squadra. Sarà una squadra che competerà per la Champions League".

Il rinnovo è anche una via di fuga per poter andare via?
"Ho sempre fatto così. Ho sempre chiesto di fare un anno di contratto, mi pare una cosa equa. Si lavora un anno, poi le aziende fanno le considerazioni. Se il lavoro viene considerato non adeguato, le società si possono liberare. Mi dà un senso di libertà. Ci deve essere un rapporto molto chiaro. C'è un anno di contratto che mi porto avanti fino al 30 giugno, poi l'azienda deciderà. Non ho questo tipo di paura".

È soddisfatto di quello che ha fatto? Le entrate hanno compensato le uscite?
"Sui numeri c'è un numero positivo, tra dare e avere. Dopo mi è successo che gli stipendi sono andati un po' su, quindi sono numeri parziali. C'è un saldo positivo di mercato, ci sono state operazioni pirotecniche, spettacolari qualcuno le ha definite. Siamo tutti troppo tristi per celebrare, io lo sono. Ma se prendi un ragazzo a 4,5 milioni e lo vendi a 31 devi stappare una bottiglia di spumante. Questo non cambia il mio stato d'animo che è di piombo per tutta una serie di motivi. C'è una forbice attiva tra i giocatori usciti e entrati, c'è una complicazione riguardante il monte salari, volevamo scendere e siamo saliti".

Ci può spiegare cosa è successo l'ultimo giorno di mercato?
"Visto che si parla di punta, sarebbe stata incompleta la Roma dando via Borriello e non prendendone un'altra. Considero Borriello un ottimo calciatore, il problema è che lui voleva cercare fortuna al Genoa, dove aveva la maglia garantita, altrimenti la cosa non si sarebbe avviata. Si è instaurata una possibilità di girare 3 giocatori, abbiamo tentato a poche ore dalla fine del mercato, avrei voluto portare Quagliarella alla Roma, con Borriello al Genoa e Gilardino alla Juventus, ma la cosa si è fermata. A noi non è successo niente. La Roma non è incompleta. L'allenatore gioca con tre punte mobili, tre attaccanti che attaccano la porta e tirano, per fortuna. Tra questi attaccanti, la nostra soluzione la troviamo. Quando Borriello giocherà ci darà un contributo importante".

Ci può spiegare la sua reazione dopo il gol di De Rossi a Livorno?
"Ringraziavo il dio del calcio. So che qualcuno ha detto che ero disperato, ma sono troppo preso dal risultato. Non penso mai alla fortuna di una cessione. Quando Daniele, che so essere in sofferenza, fa un gol così, dico che per fortuna il dio del calcio è tornato. Io vivo le partite, non sono spettatore aristocratico".

Sembra esserci stato un cambio di filosofia negli acquisti. È così?
"È stata una necessità messa a fuoco. La scorsa stagione abbiamo fatto un buon recupero con Andreazzoli, con segnali di crescita del gruppo. Poi ci siamo trovati di fronte alla finale di Coppa Italia, che ci ha smascherati in qualche misura e denunciati come inadeguati rispetto a una cosa così importante. Abbiamo capito che ci voleva gente che ha già vissuto certe esperienze, che riuscisse a fruttare un certo tipo di partite. Altrimenti al posto di Maicon, secondo quel che penso io rispetto al romantico periodo dell'utopia, avrei preso Wallace. Fortunatamente sono stato costretto a prendere Maicon col quale abbiamo fatto un patto d'onore riguardante comportamenti e la volontà di proporre per la Roma tutto quello che avrà da spendere".

Che ruolo ha avuto Franco Baldini nel mercato della Roma? Se non ci fosse stato Baldini al Tottenham, Lamela sarebbe stato ceduto e alle stesse cifre?
"Sarebbe stato ceduto a qualcun altro, ma non escluderei il Tottenham perché Lamela era ben visto dal presidente Levy. Baldini ha fatto una scelta già condivisa col presidente e l'allenatore. Il fatto che lui era lì ha reso più agevole la trattativa, ma noi l'abbiamo messo in vendita molto in ritardo. I presupposti per vendere Lamela si sono concretizzati dopo. Quando non c'erano i presupposti, sarebbe potuto uscire a un prezzo più alto".

Ci spiega cosa è cambiato tra la telefonata e il giorno in cui Lamela viene venduto?
"Ho dovuto subire quella cosa lì, è stata una vergogna per chi l'ha proposta, ma non la ricordo bene".

Si parlava di cedere Osvaldo, ceduto, De Rossi, non ceduto, e Marquinhos, ceduto. In linea teorica, dopo la vendita di Osvaldo e Marquinhos la campagna cessioni era arrivata a dama, poi si è aggiunta la cessione di Lamela. Cosa è cambiato?
"È cambiata una cosa che può sembrare marginale, ma marginale non è. Lamela è stato aggredito da una società italiana che gli ha fatto una proposta faraonica, importantissima. Un salario di 3,5 milioni netti per 5 anni e 2 milioni di commissioni al padre. Quando questo è successo, noi abbiamo perso il giocatore. Il giocatore non sarebbe più stato il Lamela di prima, perché la nostra idea contrattuale era quella di aumentarla di poco dagli 1,2 milioni che prendeva. Lamela è un bravo ragazzo, attratto dal calcio. La cosa l'ha sofferta per indotta persona, tutte le persone intorno a lui l'hanno cominciato a spingere verso una negoziazione da proporre alla Roma in quei termini. Quando è successo ho parlato con Lamela dicendogli che la Roma avrebbe potuto aumentargli di poco lo stipendio e poi alzarlo alla fine dell'anno per gli anni successivi. Lui non era molto contento e vedevo nel lavoro che faceva uno stato di disagio. Lamela si impegnava ma lo vedevo spento. Ho pensato di non poterlo recuperare più dentro la nostra struttura, allora ho messo in piedi una cosa che non avrei fatto. Nessun giocatore infelice o che non ha sistemato le sue situazioni contrattuali scende in campo con la testa giusta. Questa è stata la causa scatenante, dopo si inseriscono meccanismi diversi da tenere conto perché il calcio è dinamico. Può darsi che nel frattempo ci è giunta notizia di poter agganciare un altro giocatore importante, Ljajic. Questo è il calcio, è poco controllabile perché è di tutti i giorni e di tutti, chiunque può cambiare lo scenario".

Sarà sempre così? La Roma non potrà mai permettersi un giocatore come Lamela nel momento in cui chiede un adeguamento?
"Non sarà sempre così, sarà così in alcune circostanze. Auspicabilmente i giocatori giovani funzionano devi rinegoziare. Ma non dobbiamo essere aggrediti, la Roma deve avere una linea di stipendi e l'abbiamo già sforata. Quando sono venuto il primo anno ho trovato 95 milioni di monte salario di calciatori e staff, siamo andati sotto di 7-8. Il secondo anno siamo andati ancora sotto, quest'anno siamo tornati un po' sopra. Non è che la Roma non sarà in grado di proteggere i suoi calciatori, ma ha chiaro il percorso da fare che porterà l'azienda ad affrontare il problema dello stadio e la proprietà impone i conti a posto. La Roma ha una perdita di 30 milioni l'anno, il rapporto costi-ricavi è sbagliato, non adeguato. Non butteremo via tutti i calciatori per ripianare i conti. Quest'anno abbiamo fatto delle cose, ma ci sono calciatori residui che possono rappresentare un patrimonio. Vincessero anche qualche partita, sarebbe accettabile".

Si può creare una squadra competitiva con un monte ingaggi non in linea con quello degli altri club e cambiando 7-8 giocatori?
"Penso di sì. Bisogna entrare dentro dei cicli ed essere fortunati. La situazione di disparità è enorme, abbiamo sempre giocato in inferiorità numerica, non dobbiamo aver paura di misurarci con realtà più opulente della nostra, possiamo riuscirci".

Ha detto che nessuno l'ha obbligata a vendere Lamela, poi dice che è stato costretto a prendere Maicon. Lei è convinto che questa sia la Roma di Sabatini o si è incrinato qualcosa?
"Sono pienamente convinto. La proprietà mi ha consegnato un numero e dentro a quel numero avrei dovuto lavorare. La proprietà la devo ringraziare, è stato un atto di grande fiducia. Maicon non c'entra. Ci sono partite che sono esemplificative e altre interlocutorie. Ho detto che non avrei preso Maicon se il derby fosse andato in un'altra maniera perché venivamo da una buona striscia, avevamo eliminato Fiorentina e Inter dalla Coppa Italia, la squadra era in crescita. La vittoria del derby ci avrebbe dato la possibilità di continuare a pensare di poter rischiare.  Quella partita ci ha imposto di dire che per poter essere la Roma dei romanisti avremmo dovuto cambiare. Quando uno cambia non ne gode, ma lo fa. Abbiamo corretto delle cose, il mio non è mai stato un sogno, ma un'utopia. Non c'è niente che ho abbandonato. Questa è una squadra che andrà in campo e che deve rispettare un impegno. Deve riscattare la tristezza di tutti noi e dei tifosi e ha cominciato a farlo".

Manca linearità rispetto alle sessioni precedenti di mercato?
"C'è un altro calcio che incombe perché sono cambiate alcune cose. Non abbiamo cominciato con Allegri, abbiamo cominciato con un gruppo di allenatori per poi arrivare a Garcia, che è una scelta che siamo contenti di aver fatto e lui tutti i giorni dimostra di essere l'allenatore della Roma. Borriello è un calciatore della Roma forte, voleva allontanarsi per giocarsi il mondiale. Siamo contenti che sia rimasto. Anche ora è un problema, perché sa giocare a calcio ma che nella Roma non trova collocazione a causa di se stesso e delle idee degli allenatori. Fosse stato un asino, non sarebbe stato un problema. Ora si sta attivando con grande impegno, non ultima l'offerta di spalmare il contratto, per lasciare il segno qui".

Se la Roma non dovesse entrare in Champions, sarà costretta a vendere ancora? Esiste la clausola sul contratto di Ljajic?
"Se sarà quello lo sbilancio, o dovremo vendere o la proprietà risanerà. Su Ljajic c'è una clausola piuttosto alta, che abbiamo dovuto inserire e mi sta bene. Non è una clausola da 15 milioni. È una clausola che sarà difficile per tutti attaccare. Per tenere i salari più bassi si accettano richieste di questo tipo".

La situazione di Jedvaj?
"Riguarda una normativa della FIFA, potrebbe rispondere Tempestilli".
Risponde Tonino Tempestilli: "È una questione burocratica, c'è stata la tranquillità di tesserare il calciatore, l'unico problema era la decisione della scuola del ragazzo che è tardata, abbiamo dovuto attendere i tempi per avere i documenti e trasmetterli alla FIFA. Sarà a disposizione contro il Parma".

Quanto è stato un problema Osvaldo?
"Il problema è che non ha mai trovato una sua armonia, con se stesso e l'ambiente. Mi spiace che le cose siano degenerate. È stato difficile gestirlo, lui non ha mai fatto cose gravi, ma ha fatto abbastanza cose risibili. Si è messo dentro un tunnel dal quale non usciva più. Avete visto che era un giocatore importantissimo, ha fatto 28 gol in 56 partite. Spero che ne faccia anche nel Southampton perché abbiamo bonus da riscuotere".

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