Bruno Conti: "Mi commuovo pensando al CUCS, in campo ci dava adrenalina"
Nel giorno dell'anniversario della nascita del Commando Ultrà Curva Sud (CUCS), la redazione de Il Romanista ha contattato Bruno Conti. Ecco uno stralcio delle sue parole:
Se ti dico CUCS che mi rispondi?
«Non rispondo, mi commuovo».
Cosa vi davano quando entravate in campo?
«Adrenalina e consapevolezza di poter sbagliare. Per loro, qualsiasi giocatore in campo dava sempre tutto».
Giocavate anche per loro?
«Ovvio. Sapevamo benissimo quanti sacrifici economici facevano per poterci seguire in tutte le partite, in particolare quelle in trasferta. Ci trasmettevano amore e passione, noi volevamo dargli soddisfazioni. E per fortuna qualcuna riuscimmo a darla, anche se quella Roma degli anni Ottanta avrebbe meritato di vincere di più di uno scudetto, quattro Coppe Italia e una finale di Coppa dei Campioni».
Ma è vero che ai nuovi arrivati, in particolare gli stranieri, li portavate sotto la Sud per fargli capire Roma e la Roma?
«Certo. Mi ricordo l'emozione negli occhi di Falcao o Völler quando videro la Sud con il Commando, Agostino lo diceva a tutti, "guarda i tifosi, rispettali sempre"».
Per questo quando segnavi andavi a inginocchiarti sotto di loro?
«Sì. Più di una volta mi sono sbucciato le ginocchia, ma chissenefrega. Mi commuovevo sotto quella Curva».
Qual è il ricordo che ti lega di più al Cucs e ai tifosi della Roma?
«Il giorno del mio addio al calcio. E pensare che temevo non sarebbe venuto nessuno».
Come?
«Sì. La sera prima avevamo perso la finale di Coppa Uefa, pensavo che la delusione avrebbe avuto il sopravvento sul desiderio di salutarmi».
Invece?
«Invece se ci ripenso mi rimetto a piangere. C'erano tutti, mi fecero molti regali. Io ero triste perché stavo dicendo addio al calcio, ma quella è stata una delle sere più belle della mia carriera. Per questo ancora oggi dico grazie al CUCS e ai tifosi della Roma».