Ranucci: "Battemmo Lazio e Milan per Totti. Sacchi voleva allenare la Roma, Viola fu un innovatore"

Ranucci: "Battemmo Lazio e Milan per Totti. Sacchi voleva allenare la Roma, Viola fu un innovatore"Vocegiallorossa.it
© foto di Antonello Sammarco/Image Sport
Ieri alle 09:55Rassegna Stampa
di Redazione VGR

Raffaele Ranucci, con tanti ruoli nella Roma come membro del CdA, vice presidente e responsabile delle giovanili, ha rilasciato un'intervista a La Gazzetta dello Sport. Questo un estratto delle sue parole:

Lei era anche sull'aereo che tornava da Genova con la Roma campione d'Italia 1983.
«Ricordo una gioia mai vista; quando siamo atterrati la strada da Ciampino era tutta bloccata. Ho ancora davanti agli occhi l'immagine di Buno Conti che urla dal finestrino: "Vi amo!". Mi dispiace solo che non ci fosse il presidente Dino Viola, era impegnato a non perdere Falcao che l'Inter tanto voleva. In ogni caso fu una giornata meravigliosa, a differenza dell'altro "Io c'ero" che mi viene in mente».

Ovvero?
«La finale di Coppa dei Campioni 1984 tra Roma e Liverpool all'Olimpico. Ricordo un avvicinamento molto complicato, nell'aria c'era la convinzione di potercela fare. Quella emotivamente parlando fu una botta tremenda».

Lei gestiva il settore giovanile giallorosso quando la Roma prese Totti.
«Sì, lo scoprimmo noi. I miei collaboratori mi segnalarono questo ragazzino della Lodigiani. Io corsi a vederlo e la decisione fu fin troppo facile. Lo volevano anche la Lazio, su cui per questioni di tifo abbiamo avuto la meglio senza fatica, e il Milan. La spuntammo. Spiegammo alla famiglia che la Roma sarebbe stata casa sua, che sarebbe stato protetto. Tra l'altro già negli Anni 80 avevamo un tutor che seguiva i ragazzi a scuola, a questo Viola teneva moltissimo. Quanto costò? Lasciammo alla Lodigiani Cavezzi, un buon giocatore di C2».

Qualche altro racconto per favore...
«Quando Sacchi ci venne a trovare a Trigoria, di fronte alla tavola imbandita disse: "Capisco perché qui non si vince, noi siamo molto più frugali...". Tra l'altro rischiò davvero di venire ad allenare la Roma, poi andò al Milan. A Viola piaceva, amava il suo gioco. Il presidente è stato un grande innovatore nella sue scelte: da Liedholm a Eriksson, il primo a portare negli spogliatoi la lavagnetta per spiegare i movimenti. E non diamo per scontato l'ingaggio di Falcao, non lo conosceva nessuno».