Mancini: "Siamo abituati ai dentro o fuori, il gesto a Porto non voleva essere una mancanza di rispetto all'arbitro"

Mancini: "Siamo abituati ai dentro o fuori, il gesto a Porto non voleva essere una mancanza di rispetto all'arbitro"Vocegiallorossa.it
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mercoledì 19 febbraio 2025, 13:37Interviste
di Gabriele Chiocchio

Gianluca Mancini ha parlato a Sky Sport alla vigilia della gara di Europa League contro il Porto.

Cosa cambia tra giocare centrale o a destra?
“Sono abituato a ricoprire questi ruoli in difesa, li ho già fatti diverse volte e mi piacciono. Anche l’anno scorso ho giocato come centrale di sinistra. Sicuramente cambia qualcosa, perché giocare sul centro-destra ti permette di essere più aggressivo, avanzare di più con la palla, tentare qualche giocata individuale e magari anche qualche cross. Da centrale, invece, devi prestare maggiore attenzione alla posizione, controllare eventuali spazi lasciati liberi e leggere i movimenti del centravanti. A volte puoi anticiparlo, altre volte no. Penso che sia necessario essere ancora più attenti, perché un errore può spalancare il campo all’attaccante”.

Cosa rappresenta la partita di domani?
"La partita di domani è molto importante, perché vale il passaggio agli ottavi di finale. Negli ultimi anni, in questo periodo, abbiamo spesso giocato sfide decisive. Sono state partite difficili, proprio come quella di domani, ma siamo pronti e preparati per affrontarle al meglio e continuare il nostro cammino”.

Perché a Porto hai mostrato lo stemma in faccia all’arbitro?
“C’è stato un breve confronto tra me e il direttore di gara, ma avevo visto due falli e due ammonizioni, entrambe a nostro sfavore. In quel momento, mi è venuto spontaneo andare dall’arbitro e chiedere rispetto per la Roma, perché rappresentiamo una squadra sostenuta da tifosi fantastici, e anche per noi stessi, che siamo in campo a lottare. Il mio gesto non voleva essere una mancanza di rispetto nei confronti dell’arbitro, e lui lo ha capito. È stata semplicemente una reazione spontanea”.

Eri in tensione prima dell’arrivo di Ranieri?
"Sì, prima dell’arrivo del mister, nelle due settimane precedenti, se ricordate bene – e io me lo ricordo bene – i risultati non stavano arrivando. Per noi calciatori è difficile quando le vittorie non arrivano, perché davamo il massimo in campo durante gli allenamenti, ma i risultati continuavano a mancare. L’ambiente non era dei migliori, e questo mi portava a sentirmi triste, malinconico, quasi con un nodo allo stomaco, sia a Trigoria che nella mia vita privata, con la mia famiglia. Non so bene come spiegarlo, ma quando ho visto il mister arrivare e aprire quella porta, il mio corpo ha reagito da solo. Ha un modo di parlare, di spiegare le cose e di farti capire ogni situazione con calma. Certo, quando si arrabbia, si arrabbia, ma in quel momento serviva proprio quella serenità per riportare equilibrio in un gruppo forte, che ne aveva davvero bisogno".