Né giusto, né sbagliato: semplicemente inutile
Siamo nel corso dell’ultima sosta di campionato e, col campo che non c’è, come in ogni sosta che si rispetti si parla di ciò che c’è fuori, che siano argomenti societari, di mercato o altri; a dire il vero, di queste cose si parla abbondantemente anche quando il pallone rotola sui campi di Serie A, e uno dei temi più ricorrenti è quello della disciplina della panchina della Roma, che è paradossalmente molto più scarsa di quella dei giocatori in campo, a sua volta decisamente migliorata - anche solo come numero di cartellini ricevuti - rispetto a quella della scorsa stagione.
Prima dell’arrivo di Mourinho, uno degli appunti che si faceva alla Roma era quello di farsi sentire poco con gli arbitri, sia dietro alle scrivanie che durante le gare, e quindi una cosa per cui l’ambiente giallorosso era contento riguardo l’avvento del portoghese era la prospettiva di ribaltare questo atteggiamento, vista la storia dello Special One di fronte a torti (o, più spesso, presunti tali), subiti: dalle manette al “por qué?”, il ricordo si mischiava col “sogno” di una maggiore cattiveria che, nei desiderata, si sarebbe dovuta tradurre in più rispetto da parte degli ufficiali di gara.
Al di là delle valutazioni che si possono fare, i fatti dicono che questo atteggiamento non sta pagando. Atteggiamento che, oltretutto, ha anche un basso livello di spontaneità e che è chiaramente coreografato, frutto di un piano ben preciso - e legittimo, di per sé - che ha un suo scopo, ma che per ora ha portato a tante giornate di squalifica non solo dell’allenatore, ma di vari componenti della panchina (anche abbastanza improbabili, in certi casi) e a farsi una nomea sia tra gli addetti ai lavori che fuori: addirittura le ragazze della squadra di Spugna, a un certo punto della partita contro il Barcellona, sono state definite più impegnate a protestare con l’arbitro che a giocare (spoiler: non era vero, ovviamente). Una nomea che, poi, è finita paradossalmente per diventare luogo comune, con giudizi che riescono ad andare addirittura oltre i fatti, che restano inconfutabili, e un’onda popolare che per poco il designatore Rocchi non ha deciso di cavalcare non rilasciando, alla fine, quelle famose dichiarazioni pubbliche sulla Roma minacciate a mezzo stampa.
Insomma, non è un discorso di etica o comportamentale, ma esclusivamente utilitaristico: nel calcio i buoni sono pochi o spesso sono finti, e questi mesi passati costantemente sul confine dell’isteria hanno chiaramente dimostrato di non portare alcun risultato tangibile, anzi. E chissà se Mourinho, una volta valutato tutto questo, non decida di cambiare quella che è e rimane una strategia in vista del finale di stagione.