Santon: "Mi dicevano che stavo rubando i soldi alla Roma. Il problema era che non superavo le visite mediche altrove"
Davide Santon, ex terzino della Roma, ha rilasciato questa intervista a TuttoMercatoWeb.com:
A trentuno anni dice basta. Consapevolmente.
"Nel primo anno in cui sono stato messo fuori rosa, ho vissuto un controllo dopo l'altro ma non c'è niente da fare: l'unica cosa sarebbe rischiare di avere delle protesi. Ancora riesco a camminare sulle mie gambe, ma per fare il giocatore professionista serve altro".
Coscienza e lucidità. Anche di quelle che sono le sue fragili ginocchia.
"Ho il ginocchio sinistro dove non mi sono operato che però è andato. Mi impedisce tante cose... E poi c'è il famoso ginocchio destro: mi sono operato tre volte. Cartilagine, tolto tutto il menisco esterno ma appena faccio un minimo sforzo, si gonfia e non si piega più. In automatico tutti i miei infortuni al flessore partono da lì. In Serie A devi spingere, il ginocchio destro non si piega, sforzavo la gamba sinistra e il flessore è... Andato. Ogni minimo sforzo c'è sempre da stirarsi, da star fermi. Giochi una gara, ne stai fuori cinque".
È una scelta matura, la sua.
"Se devo giocare con la paura, non lo faccio. E gioco da anni con paura, però mi sono adeguato, lavorando, tenendo botta. Però non giochi mai sereno, hai sempre paura: fai il compitino... Ho iniziato a giocare perché mi divertivo e negli ultimi anni era una sofferenza. Ho detto che se devo andare avanti, non è quello che voglio fare. C'erano alcune offerte però...".
Ha ricevuto profonde critiche a Roma, da chi non conosceva la sua situazione.
"Mi dicevano 'stai a rubare i soldi a Roma'. Figuriamoci: col club eravamo a posto sul salutarci, il punto è che non riuscivo a passare le visite mediche altrove".
Così ha deciso. Come si sente?
"Ho sofferto i primi mesi. Ho avuto tempo di pensarci, di riflettere. Quando ero fuori rosa a Roma, ho avuto un primo periodo dove ho sofferto: non mi aspettavo questo finale di carriera. Volevo giocare, divertirmi, purtroppo ho avuto tutto subito ed è andato a scalare. Però bisogna accettare: ho pensato tanto, ho la famiglia, due bambine, ora mi dedico a quello e poi vedrò se restare nel calcio o in un altro ambito".
Qual è stato il periodo più bello?
"Il primo periodo all'Inter, quando vincemmo tutto. Ho avuto stop, infortuni, ma è stato bellissimo: ero così giovane e non mi rendevo conto che stavamo scrivendo la storia. Abbiamo perso solo la Supercoppa Europea, è stato il momento più bello. Ero con dei campioni straordinari nello spogliatoio".
Ha una lista infinita di grandi tecnici che l'hanno guidata. Se li ricorda quasi tutti?
"Mourinho, Benitez, Leonardo, Gasperini, Mancini, Conte che mi ha convocato in Nazionale, Pioli, Spalletti, Pardew, De Boer, Fonseca, Di Francesco, Ranieri... Senza scordare quelli dei primi anni al settore giovanile all'Inter, chiaro"
Anche qui: tecnico dei momenti più belli e quello dei più spensierati?
"Con Mourinho ho vissuto il periodo più glorioso ma non lo metto tra i più sereni: ero giovane, c'era tanta pressione nell'ambiente. Quando devi vincere è giusto che sia così. L'anno della Champions sono stato fuori sei mesi a causa di problemi fisici, non è stato un periodo di grande serenità a differenza di quanto accade con Pardew prima e Carver poi. Ci siamo giocati la Champions all'ultima, il Tottenham ci passò, ma non c'erano grandi pressioni, l'ambiente era straordinario".