La Roma di Pallotta Da Zero a Dieci
0 - Nel corso della gestione del consorzio americano guidato da James Pallotta, purtroppo, la Roma non ha vinto alcun trofeo. Allo scudetto si è avvicinata il più possibile, alla Champions League è andata vicina più di quanto chiunque di noi avrebbe mai potuto immaginare, in Europa League è stata ingenua, in Coppa Italia sarebbe potuta essere più fortunata in alcuni casi e avrebbe dovuto fare meglio in altri.
1 - Dall’inizio alla fine di quest’era sportiva, la singola figura che ha fatto più discutere in assoluto è stata quella di Franco Baldini. All’inizio direttore generale, poi consulente ombra del presidente: le sue scelte “rivoluzionarie” nella prima fase e la sua assenza da Trigoria nella seconda non sono mai state perdonate da un ambiente che, probabilmente, non ha mai capito appieno i motivi di tali mosse, giuste o sbagliate che fossero.
2 - Due sponsor tecnici e due main sponsor, di cui uno e uno ereditati dalla precedente gestione, hanno arricchito la maglia della Roma in questi anni di gestione. Soprattutto il marchio principale è stato uno degli argomenti più discussi per quanto riguarda la parte commerciale della società, con una strategia - quella di non svendere il proprio brand - che alla fine ha pagato, visti i 13 milioni che Qatar Airways porta in cassa, ma che per stessa ammissione di Pallotta ha causato qualche problema, visti i quasi 5 anni passati senza questo tipo di entrata. Burrascosa anche la questione legata al brand, con il rapporto con Kappa bruscamente interrotto e quello con Nike risolto anticipatamente rispetto agli accordi iniziali.
3 - Questa epoca si ricorderà come l’era Pallotta, ma in realtà di presidenti ce ne sono stati tre. Prima di lui, l’avvocato Roberto Cappelli, uomo di Unicredit che ha gestito il passaggio di proprietà dai Sensi, e Thomas Richard DiBenedetto.
4 - Contando anche i due interregni di Frederic Massara, la Roma di Pallotta ha avuto quattro direttori sportivi: oltre a lui, Walter Sabatini, Monchi e Gianluca Petrachi. Quella del DS è sempre stata una figura cardine dell’organigramma in questi anni, una figura a volte chiamata a prendersi più responsabilità di quelle che il ruolo impone. Il paradosso è lasciare senza un direttore in carica, visto l'allontanamento di Petrachi.
5 - Mai prima di questa gestione la Roma si era qualificata per cinque volte consecutive alla Champions League, per di più in anni in cui, causa un ranking UEFA deficitario per l’Italia, di posti ce ne erano solo tre. È anche grazie alla partecipazione così costante al torneo più importante che i giallorossi hanno avuto visibilità e potuto permettersi un certo tipo di investimenti nel calciomercato.
6 - Il ritorno della maglia numero 6, messa sulle spalle di Kevin Strootman, è, probabilmente, il momento in cui la Roma di Pallotta ha cominciato a fare sul serio. L’olandese è il calciatore che forse più di tutti rappresenta quest’era della Roma, in cui con meno errori e meno sfortuna si sarebbe potuto raccogliere di più anche a livello sportivo.
7 - Da ormai oltre sette anni dura quell’Odissea chiamata Stadio della Roma: era il 30 dicembre 2012 quando fu firmato il memorandum d’intesa tra la società giallorossa e Luca Parnasi a Orlando. Sette anni in cui si sono succeduti tre sindaci (Alemanno, Marino, Raggi) e un commissario (Tronca), sette anni, in cui a piccoli passi avanti (e qualche grosso passo indietro) ci si è avvicinati a un traguardo che ancora non è raggiunto, ma che ora è più vicino che mai, dopo un quantitativo folle di ostacoli più o meno seri da superare. Un passo fondamentale per poter provare a stare nella prima fascia del calcio europeo.
8 - Da Luis Enrique a Paulo Fonseca, sono otto gli allenatori che hanno guidato la Roma in questi 9 anni. Tanti incroci tra uomini giusti al momento giusto, uomini giusti al momento sbagliato e alcuni uomini sbagliati.
9 - Nove stagioni fatte di alti e bassi, che hanno creato controversie e discussioni, che difficilmente dimenticheremo per un sacco di motivi.
10 - Ciò che Pallotta non lascerà è una maglia numero 10 assegnata a qualcuno. La gestione dell’addio da calciatore di Totti non poteva essere semplice e non lo è stata, ascrivere a lui - come è stato fatto - la colpa di aver visto smettere - a 40 anni - il più forte calciatore di questa società è una delle follie con cui si è dovuto scontrare. Il maledetto tempo, magari, lenirà il dolore: per ora ne è passato troppo poco.