Cambio Campo - Pasotto: “Entrambe le squadre devono vincere, per chi perde saranno guai. Fatico però a immaginare una Roma che verrà a San Siro per provare a imporre il suo gioco”
Torna l'appuntamento con "Cambio Campo", la rubrica di Vocegiallorossa.it nella quale, prima di ogni partita della Roma, vi proponiamo un'intervista ad un giornalista che segue la squadra avversaria.
L’ospite di oggi è Marco Pasotto, giornalista de La Gazzetta dello Sport, con il quale abbiamo parlato di Milan-Roma.
Pioli sta ricevendo molte critiche e in molti dicono non sia un allenatore “da Milan”. Secondo te è un allenatore “da Milan” e in questo momento è l’allenatore giusto per il Milan?
«Sì, Pioli è un allenatore da Milan. Ma non lo dico io, lo dice lo dice la sua storia. Quest'anno sta faticando molto di più a tenere le fila perché ci sono alcune partite diverse, partite in cui c'è confusione tattica. È una stagione in cui il Milan ripete gli stessi errori a livello di tenuta mentale, a livello di organizzazione di gioco e non riesce ad autocorreggersi i propri errori. Questo è un grande limite e fa capire che chi parla di un allenatore che sta esaurendo il suo ciclo può avere delle ragioni nel dirlo. Però, per rispondere alla tua domanda: sì, Pioli è un allenatore da Milan in senso lato. A ottobre 2019 ha preso una squadra che era in grandissima difficoltà e dopo due mesi, a dicembre, è arrivato il famoso 5-0 di Bergamo. Quella partita è stata un po’ uno spartiacque, da quel momento Pioli ha preso una squadra tremebonda, senza né arte né parte, che veramente stava sprofondando sotto tutti gli aspetti, e l'ha portata fino a uno Scudetto. L'ha riportata prima in Europa League, poi l'ha riparata in Champions League stabilmente, ma soprattutto ha creato tanto, tanto valore. Quest'anno questo valore ovviamente è un pochino diminuito e viene messo a repentaglio dai risultati e dal rendimento di alcuni singoli. Però, prendendo i giocatori anno per anno, se a inizio stagione valevano uno, a fine stagione valevano due. Li ha veramente valorizzati tutti e ha anche saputo gestire molto bene un ambiente con grande pressione, perché comunque il Milan, nonostante alcuni anni complicati, rimane comunque un club col DNA che gli impone di scendere in campo per competere e per vincere. Pioli è riuscito è riuscito a restituire questa identità di vittorie e io poi vorrei sottolineare che il campionato vinto nel 2022, che molti addetti ai lavori e molti tifosi giudicano casuale, non è stato casuale. Sì, è vero che l'Inter sì è diciamo “suicidata” a Bologna con quel famoso gol, ma se si va a guardare l'andamento e il percorso del Milan contro le big in quell'anno e soprattutto si va a guardare l'andamento delle ultime partite, che sono state un filotto interrotto di vittorie, faccio fatica a pensare che non sia meritato quello Scudetto. Poi è chiaro che nel calcio ci sono gli episodi. Insomma, tutto questo ragionamento per dire che Pioli in senso assoluto è da Milan, quest'anno però fatica a dimostrare di poter dare continuità a questo progetto. A me dà la sensazione di un ciclo che si sta esaurendo per esaurimento naturale, con alcune aggravanti. Che possono essere i tanti infortuni, allora lì sì, mi si può dire che dipende dall’allenatore, che è responsabile da questo punto di vista, come è responsabile di tante altre cose. Se tu mi chiedi “Pioli resta?”, la risposta è che è più facile che vada via, ma non è una percentuale schiacciante. Al momento la bilancia tende dalla parte dell’andare via, ma questo non significa che il suo addio sia già deciso e sicuro. C’è ancora tutta la seconda parte di stagione. Lo scudetto ormai è andato, ma, se la squadra si mantiene stabilmente senza problemi e patemi al terzo posto e va avanti in Europa League, potrebbe anche restare. Non bisogna dare per scontato che Pioli vada via».
A proposito degli infortuni, si era parlato anche della possibilità di allontanare il preparatore atletico:
«Il Milan ha una rosa inferiore a quella dell'Inter a livello di individualità in panchina. Poi è chiaro che se tu ogni partita vai con un minimo di 6-7 assenti e arrivi ad averne 10, come accaduto nell'ultima partita… Certo chi c'era non ha fatto bene, però si fa fatica ogni volta ad avere 8-9-10 assenti. Questo è un alibi dal punto di vista del risultato, ma non lo è dal punto di vista della gestione, perché comunque è sintomo di qualcosa che non funziona. Non puoi avere sempre 7-8-9 giocatori fuori. Sono state fatte due riflessioni: trovare il capro espiatorio su un solo ruolo non avrebbe portato benefici, anche perché siamo a metà stagione, quindi la preparazione ormai l'hai fatta. E in secondo luogo Pioli è uno degli allenatori più legati e attaccati al suo staff di tutto il panorama mondiale. Quindi difficilmente lui avrebbe accettato che gli fosse tolto uno dei suoi fedelissimi. Il rischio sarebbe stato poi quello magari di creare una turbolenza interna talmente elevata da peggiorare poi ulteriormente le cose».
Chi sta facendo molta fatica è Leao. Anche lui potrebbe essere a fine ciclo?
«Non penso che Leao saluterà il Milan a giugno. Leao ha sicuramente capito che il Milan in questo momento resta il club giusto per lui. Lui deve fare l'ultimo step, vale a dire diventare un giocatore vero, avere un continuità di testa. Le sue gambe volano quando la sua testa è presente, deve evitare queste pause non solo fra una partita e l'altra ma anche nella stessa partita. Deve ancora imparare a domare il suo il suo istinto. La sua psicologia è molto delicata. Lui si rende conto di avere dei limiti in questo senso, sa che deve completare un percorso e quindi non mi risulta stia spingendo per andare via e il Milan non vuole cederlo».
Come vedi invece la situazione di Mourinho a Roma? Anche il ciclo del portoghese in giallorosso è finito?
«Agli occhi della gente sicuramente no. Mourinho è un allenatore che ti dà un'anima, dà un senso al tifare del tifoso, dà un senso allo spogliatoio, un senso a livello ambientale. Poi se uno guarda i risultati e le medie punti la situazione è diversa. Questa partita qui è particolare, perché presenta tanti incroci e tanti parallelismi. Si sfidano due squadre americane, due allenatori che potrebbero essere entrambi a fine ciclo, si sfidano due squadre che sono uscite malamente dalla Coppa Italia, due squadre che hanno i playoff di Europa League. Ci sono tanti punti di contatto. Tra l'altro, per chi perde sono veramente guai e il pareggio servirebbe a poco a entrambe. Tra le due, il Milan potrebbe accontentarsi anche di un pari, la Roma no. Ma comunque faccio fatica a pensare che finisca in parità questa partita. Tornando a Mourinho, se devo lanciare una monetina e scommettere se rimane o non rimane, mi viene più da pensare a un 49% che rimanga e un 51 che vada via. Più che altro perché da quello che leggo mi sembra di capire che in questo momento la proprietà non dia questi grandi segnali di apertura per un rinnovo. Il piazzamento in classifica è un piazzamento che ovviamente non può soddisfare la proprietà, ma non può soddisfare neanche lo stesso Mourinho, che comunque è un allenatore ambizioso. Se non c'è una svolta in queste settimane, per me anche lui è più no che sì».
Hai detto che entrambe le squadre devono vincere, ti aspetti quindi una partita aperta o credi la Roma giocherà una partita simile a quella vista sempre a San Siro contro l’Inter?
«Faccio fatica a pensare a un altro tipo di Roma. Non sto dicendo che giochi sempre male, dico che come tipo di gioco di Mourinho e per le caratteristiche dei giocatori, la Roma è una squadra che - a parte alcuni elementi - è molto fisica e portata quindi a fare partite di spessore atletico e di pressione saltuaria. La Roma non è una squadra che ti viene a prendere nei tuoi ultimi 20 metri. Non credo a una Roma che venga a San Siro provando a palleggiare, a cercare di infilare il Milan. E questo forse, da un certo punto di vista, è un peccato per la Roma, perché il Milan quest'anno ha preso alcuni gol contro squadre che, palleggiando, hanno aperto la difesa rossonera. Dall’altra parte mi aspetto un Milan che parta forte e che cerchi di aprire subito la partita a suo vantaggio. Il Milan soffre molto anche i contropiedi, ma la Roma non mi sembra una squadra da contropiede. Poi dico una banalità, ma ovviamente l’assenza di Dybala sposta molto».