Che fine ha fatto - D'Agostino: "Se avessero creduto nelle mie qualità di centrocampista avrei giocato di più a Roma: è l'unico rimpianto"
Dalla Sicilia alla Capitale. La parabola di Gaetano D’Agostino parte da Palermo e, dopo i primi passi nelle giovanili rosanero, arriva a Roma. D'Agostino giunge giovanissimo nella Capitale e ai nostri microfoni ha ripercorso i suoi anni in giallorosso: “Avevo 12 anni, venivo da Palermo e sono stato catapultato dentro Trigoria. Tutto bello, ma essendo abituato al mio quartiere, dove ero sempre in giro, mi sono sentito un po’ rinchiuso. Ero in camera con Lanzaro e mi ricordo che scappammo da Trigoria perché ci sentivamo braccati. Poi dopo un anno sono saliti i miei genitori e ho ritrovato l’ambiente familiare. L’impatto è stato non dico traumatico, ma comunque dovevo abituarmi alla nuova vita da calciatore in una grande società. Da lì in poi è andato tutto alla grande”.
Il primo impatto è stato quindi disorientante, comprensibilmente per un ragazzo di appena dodici anni proveniente da una realtà molto lontana rispetto alla Capitale. D’Agostino però si ambiente presto a Roma e nelle giovanili giallorosse vive anni molto belli: “Se potessi tornare indietro, rivivrei quei momenti lì. Sono stati gli anni più belli, i più liberi. Era tutto bello, imparavi su quei campi, facevi i tornei. Erano anni spensierati, crescevi, potevi sbagliare. Sono stati anni di crescita molto importanti. Poi abbiamo vinto i giovanissimi nazionali, gli allievi nazionali, quindi anche a livello di squadra ci siamo tolti delle soddisfazioni. Ancora oggi abbiamo un gruppo con gli ex compagni e ci sentiamo. Sono stati anni belli”.
L’ESORDIO E LO SCUDETTO - La trafila nelle giovanili vale a D’Agostino l’ingresso nel calcio dei grandi. Inizia a essere aggregato alla prima squadra da Zdenek Zeman nel 1998 e trova l’esordio in Serie A con Fabio Capello il 5 novembre 2000, nella vittoria della Roma per 4-2 a Brescia. Un’esperienza surreale per il giovane palermitano, che entra al 75’ e viene poi sostituito al 90’: "L’esordio in Serie A è stato bello quanto traumatico. Entrai a Brescia, vincemmo 2-4, fui ammonito e Capello mi sostituì. Non sapevo se essere felice per l’esordio o arrabbiato per la sostituzione. Era un mix di emozioni, alla fine prevalse la gioia per l’esordio. Era l’anno dello scudetto e oggi lo ricordo con molto piacere, mi faccio anche una risata ripensando a quell’episodio”.
D’Agostino rompe il ghiaccio con la Serie A e fa parte della storica rosa che riporta lo scudetto nella Capitale. Nella stagione 2000-2001 l’ex centrocampista raccoglie solo 4 presenze stagionali, ma vive un anno indimenticabile: “C’erano tutti grandi campioni in quella rosa, con grande umiltà. Penso di aver imparato più in quell’anno che in quelli dopo, soprattutto a saper stare in uno spogliatoio con grandi campioni. A riconoscere il rispetto, l’autorità. Poi avevamo Capello che era un sergente di ferro. All’inizio ti ritrovi con Totti, Batiustuta, Samuel, Aldair e hai un po’ di timore, poi però tutto diventa più semplice. Là ho capito che più alzi il livello e più trovi gente umile”.
ANDATA E RITORNO - Dopo la conquista dello Scudetto, D’Agostino si trasferisce al Bari nell’ambito della trattativa che porta Cassano alla Roma e dopo due anni di B con i pugliesi fa ritorno alla Roma, per giocarsi stavolta le sua chances da protagonista. Nella stagione 2003-2004 D’Agostino gioca 26 partite, ritagliandosi il suo spazio in una Roma in lotta per lo scudetto col Milan. Nello 0-3 esterno a Lecce il centrocampista si toglie anche lo sfizio del primo, e unico, gol in giallorosso. A fine stagione, il bilancio è molto positivo: “Ho giocato tanto per quello che era la squadra. Siamo arrivati secondi, è stata un’annata importante. Per me è stata una bella annata”.
L’anno dopo colleziona 11 presenze fino a gennaio, prima di trasferirsi al Messina, salutando definitivamente la Roma. Un’esperienza che rimane però ben impressa nella mente del giocatore, l’avventura in una piazza di cui D’Agostino delinea aspetti positivi e negativi: “La grande passione dei tifosi porta sia aspetti positivi che negativi. Tutta questa passione è una cosa meravigliosa, ma d’altra parte non si ha la giusta pazienza. Credo che Capello, al di là del campo, fu bravo a disciplinare tutti, ad avere un pensiero unico e un obiettivo unico, allineando giocatori, tifosi, giornalisti. L’amore per questi colori è il grande pregio di Roma, ma fa da contraltare all’esasperazione di tutto l’ambiente”.
LA PARTITA - Il match scelto come copertina dal calciatore della sua esperienza in giallorosso è il 5-1 rifilato dalla sua Roma al Cagliari nell’ottobre 2004: “Io giocavo sempre come quarto a sinistra e con Capello lo facevo bene perché metteva Lima terzino e correva lui, io ero più propenso alla fase offensiva. La partita che ricordo con più affetto però è quando giocai a centrocampo col Cagliari. Quello era il mio ruolo e ci avevo giocato poche volte. Feci una grande gara, vincemmo, fu una partita sotto il profilo personale molto bella e soprattutto avevo trovato il ruolo finalmente. L’unico mio rimpianto a Roma è stato che se avessero creduto nelle mie qualità di centrocampista e regista avrei potuto fare tanti anni a Roma, invece sono sempre stato sfruttato per le mie doti balistiche, per punizioni e lanci, in zone di campo che per me non erano l’ideale. Se avessero puntato su di me come regista, avrei fatto tanti anni alla Roma. Questo è il mio rimpianto, per il resto sono stati anni meravigliosi”.
Nel gennaio 2005 termina dunque la storia tra D’Agostino e la Roma. Non senza qualche rimpianto, col centrocampista che anni dopo ha poi dimostrato le sue grandi doti da regista e, come ha candidamente ammesso, avrebbe potuto metterle a disposizione dei giallorossi. Non è potuto accadere ciò, ma resta comunque un’avventura che ha dato tantissimo al centrocampista palermitano.