ESCLUSIVA VG - Alessio Di Chirico, dall'ottagono alla Curva Sud: "Uniti tutto è possibile. Sarà difficile ritrovare un giocatore di cuore come Nainggolan". VIDEO!
Alessio Di Chirico, fighter italiano e grande tifoso della Roma, reduce lo scorso 6 luglio dal secondo successo consecutivo in UFC (la più importante organizzazione nel campo delle MMA), ottenuto alla T-Mobile Arena di Las Vegas contro l'idolo di casa Julian Marquez all'interno dell'evento The Ultimate Fighter 27 - Finale, si è raccontato in esclusiva ai microfoni di VoceGiallorossa.it, nella cornice del Gloria Fight Center, palestra fondata dallo stesso Di Chirico insieme al socio Riccardo Carfagna.
Alessio, sei reduce da un match piuttosto duro contro Julian Marquez. Come avevi preparato l'incontro e quanto è stato difficile scambiare per 15 minuti (la vittoria è arrivata ai punti dopo 3 round da 5 minuti, ndr) contro un avversario del genere che alla viglia dell'incontro aveva anche fallito il peso?
«Ho preparato il match nei minimi dettagli assieme al mio coach Lorenzo Borgomeo, qua all'interno del Gloria Fight Center, ed è stato più o meno l'incontro che ci aspettavamo, contro un atleta piuttosto rissoso e che accettava lo scambio, un avversario duro, difficile da mandare giù. Abbiamo deciso di combattere con la guardia destra avanti per mantenerlo a maggior distanza, io scrivo con il sinistro quindi posso fare entrambe le guardie, il match è andato così ed è andato bene».
La tua popolarità nella UFC è aumentata dopo la simpatica intervista rilasciata nel post match del tuo precedente successo (in cui citò una scena del cartone animato I Griffin, ndr), ti sei ripetuto anche in questa occasione salutando gli spettatori presenti nell'Arena che non avevano, per usare un eufemismo, particolarmente gradito la decisione dei giudici.
«Dopo che combatti e vinci sei felice, a me le battute escono fuori così (ride, ndr)».
Piccola nota a margine, impareranno mai a pronunciare bene il tuo cognome (secondo la pronuncia americana trasformato in Di Chirìco, ndr)?
«Non penso! Anche Rocky Marciano in realtà si chiamava Rocco Marchegiano solo che per gli americani era troppo difficile da pronunciare e decisero di trasformarlo così, forse anche io dovrei cambiare nome!».
Dall'ultimo incontro si nota che hai migliorato l'inglese e più in generale stai lavorando molto sulla tua immagine, quanto è importante in un'organizzazione del genere lavorare sul proprio personaggio?
«Molto importante, io però cerco sempre di essere me stesso, mi sono preso questo lusso di non fare il buffone, anche perché ormai dopo McGregor che ha fatto i soldi grazie al trash talking (una forma di insulto verso l'avversario allo scopo di destabilizzarlo, ndr) ora tutti seguono quella tendenza ma a me non piace mancare di rispetto ai miei avversari, per me i valori dello sport sono fondamentali».
Proprio il rispetto per Marquez dopo il match è stata una componente importante del tuo lavoro.
«Sì, poi con Marquez si è creato un rapporto particolare perché lui di base si allena proprio a Las Vegas all'interno dell'UFC Performance Institute, palestra messa a disposizione per tutti gli atleti del proprio roster che al suo interno ha tutto, compresa una stanza iperbarica per lavorare; io sono andato lì per acclimatarmi e abituarmi al fuso orario due settimane prima dell'incontro quindi lo incrociavo tutti i giorni, rispetto molto l'avversario ma la frase che gli ho detto è "Prima combattiamo, dopo siamo amici", è stato quindi difficile mantenerci le distanze ma è andata bene».
Progetti per il futuro?
«Vorrei combattere anche perché così guadagno! I fighters vengono pagati a cottimo, solo che ora sono un po' acciaccato, con il mio fisioterapista Danilo Stanzione decideremo quanto stare fermo, poi riprenderò ad allenarmi e penso di combattere di nuovo a ottobre».
In questa palestra ti alleni insieme a Carlo Pedersoli, ultimo arrivato in UFC ma tifosissimo della Lazio, come vivete questo particolare derby?
«Qui a Roma Nord è pieno di laziali, l'unica soluzione è non parlarci, sanno solo fare polemica (ride, ndr). Ogni volta mettono in mezzo la Supercoppa Europea vinta a Monaco (1999, ndr), solo quello hanno fatto nella vita, quello e il derby, anche il mio socio Riccardo Carfagna, laziale sfegatato, si è tatuato la data del 26 maggio, non si può!».
Parlando di Roma, è notizia ancora fresca il passaggio di Nainggolan all'Inter, nella tua visita a Trigoria dello scorso anno ti sedesti proprio al suo posto all'interno dello spogliatoio, come hai vissuto questa cessione?
«Da tifoso mi dispiace, un giocatore così di cuore è difficile ritrovarlo, ci sono giocatori magari più tecnici, più veloci o più potenti ma Nainggolan aveva quel senso di appartenenza e quel cuore che è difficile ritrovare nel calcio moderno. A livello umano è una grande perdita, d'altronde scherzando l'avevo anche sfidato in un video. Credo che in ogni caso non sia stata una decisione presa solo da lui ma è un professionista e so che quando giocherà contro di noi sarà onesto, magari sperando che non faccia come Salah che ci ha fatto due gol, va bene il non esultare però... (ride, ndr)».
Nainggolan starebbe bene anche nell'ottagono?
«Assolutamente, sia lui che De Rossi. Tutti i mediani potrebbero, diciamo che il fighter non è uno sport da superstar ma proprio da mediano, da chi non si arrende mai, risolve i problemi, mette le pezze».
L'altra grande notizia del calcio italiano è l'acquisto di Cristiano Ronaldo da parte della Juventus, che ha posto la Roma in condizione di underdog, di sfavorita, rispetto ai bianconeri, anche tu nel match contro Marquez partivi senza i favori del pronostico, qual è a livello mentale la chiave per affrontare una situazione del genere?
«Tutti fissati con questo acquisto! Sono contento che un giocatore del genere venga in Italia, penso che faccia parte del suo percorso che lo ha portato a giocare nei più grandi campionati europei, è un orgoglio che venga nel nostro, che rimane il terzo in ordine di importanza anche se un po' in discesa ultimamente ma comunque superiore a Francia o Germania. Se penso all'underdog mi viene sempre in mente il Leicester, quello che conta è la squadra, anche se non ci sono campioni, o almeno ancora, del calibro di Cristiano Ronaldo se la squadra è unita, compatta, se ognuno in campo aiuta il proprio compagno, se si attacca e si difende insieme si può vincere tutto, quello è l'importante».
Il cammino in Champions della scorsa stagione, quanto ci avevi creduto e come ci si rialza da una delusione del genere?
«Penso che la squadra non fosse ancora pronta, poi ogni volta che andiamo in Inghilterra perdiamo sempre, è una cosa che non capisco! Il gruppo non era ancora pronto e penso che in fin dei conti il risultato sia stato giusto, ci siamo andati vicini nonostante la rete in fuorigioco (il gol del 3-0 di Salah nella gara di andata, ndr) però l'importante sarà non tornare indietro quest'anno ma continuare ad andare avanti, ci sono tutti i presupposti. Speriamo che l'inchiesta sullo stadio non faccia far retromarcia a Pallotta, quello sarebbe un bel problema».
Ti ritroveremo in Curva Sud anche quest'anno?
«Assolutamente, ho già rinnovato l'abbonamento, in Sud come sempre».