Un clima troppo elettrico, un disastro (non) annunciato
Alle 20:40, minuto più-minuto meno, di giovedì scorso, la sensazione era quella che, arrivati quasi a metà marzo, la Roma avesse innestato una marcia giusta per correre sulla strada giusta, come spesso accade alla squadre di Mourinho a questo punto della stagione. I due successi contro Juventus e Real Sociedad erano arrivati in due situazioni tattiche completamente diverse da fronteggiare, ma con la stessa determinazione e intensità, marchi di fabbrica dell’allenatore portoghese, e avevano quasi indiscutibilmente irradiato una fiducia che difficilmente poteva essere messa in discussione dal Sassuolo tredicesimo in classifica e mai vincente nell’Olimpico giallorosso nella sua storia.
Battere i neroverdi, dopo aver incanalato le cose nella giusta direzione in Europa, avrebbe significato rafforzare la propria candidatura per un posto in Champions League, il tutto alla vigilia dell’ultima settimana prima della sosta, in cui dare un ulteriore scossone su entrambi i fronti e poi andare a riposare in vista del rush finale. Il focus doveva essere su questo, invece per due giorni si è parlato di una squalifica che, dispiace dirlo, da motivazioni del Giudice Sportivo resta sacrosanta - al di là delle altrettanto chiare provocazioni di Serra, di cui dovrà successivamente rispondere - e la cui mancata rimozione è diventata motivo di trasformazione di un clima che doveva essere positivo e che viceversa è diventato fin troppo elettrico: pur non avendo la Roma mai subìto gol in casa in campionato nel 2023 (o proprio per questo) può succedere di prenderne uno, con tanto tempo a disposizione per ribaltare il punteggio, ma per sistemare le cose serve uno stato mentale diverso da quello che si è visto oggi all’Olimpico, fuori e dentro il campo.
E da lì la determinazione e l'intensità, indispensabili per sistemare una partita del genere, sono diventati foga e nervosismo, inutili se non dannosi e perfettamente impersonificati da Kumbulla, che aveva la chance di risistemare la sua stagione e che, al contrario, finisce, se non per terminarla anzitempo, quantomeno per rimetterla in una condizione peggiore di quella già traballante del post-Cremonese, portando con sé anche il resto della squadra.
Perché gli altri non sono andati troppo meglio di lui, un po’ per colpe loro (citofonare Wijnaldum, che ha avuto l’unica palla della partita per provare a vincere e ha finito per mettere dentro quella che comunque non è servita a non perdere), un po’ per un turnover che, se non accompagnato da uno spartito riconoscibile, ha finito ancora una volta per depotenziare chi era in campo e ancora una volta in modo sanguinoso: se con la Cremonese la Roma aveva buttato un obiettivo alla portata, quest’oggi si è di nuovo complicata la vita per l’altro obiettivo alla portata, presentandosi allo scontro diretto della prossima settimana in piedi, con le rivali più o meno comodamente sedute sulle quattro sedie Champions.
Un disastro, un altro disastro, apparentemente inaspettato: non si sa se più o meno dei due contro la Cremonese, di certo, tra i tre, quello per cui erano stati messi più presupposti senza neanche rendersene conto. Una dura lezione in vista di quella che, fino adesso, sarà la settimana più importante della stagione: almeno un lato positivo c’è.