De Rossi: "I tifosi amano la lealtà di un giocatore e conta l'impegno in campo. Ero attaccante, un'espulsione cambiò la mia carriera". VIDEO!

16.12.2024 10:09 di  Redazione Vocegiallorossa  Twitter:    vedi letture
De Rossi: "I tifosi amano la lealtà di un giocatore e conta l'impegno in campo. Ero attaccante, un'espulsione cambiò la mia carriera". VIDEO!
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Daniele De Rossi è il protagonista della nuova puntata di The Overlap on Tour: Unseen, una Serie condotta da Join Gary Neville, Roy Keane, Jamie Carragher e Ian Wright. L'ex allenatore della Roma, tra le altre cose, ha parlato anche dell'ambiente della Capitale.

Come mai la pressione è così alta qui nonostante non sia un club abituato a vincere come Milan o Juventus?
"È l'amore per questo club, il modo in cui siamo. Il calcio è molto importante per noi a Roma, in generale per noi italiani, in particolare qui a Roma, per questo c'è molta pressione".

Per la gente vincere è più importante dello stile di gioco?
"Non per la maggior parte. Amano la lealtà di un giocatore, l'impegno profuso in campo. Ovviamente, poi vorrebbero vincere. Abbiamo trascorso 10-12 anni senza vincere ma andandoci molto vicino, con 9 secondi posti ed è folle, contro club costruiti con 200 milioni più di noi. Non hai mai vinto ma, in quelle stagioni, hai vinto tante gare e alla gente andava bene così".

Hai sempre giocato per la Roma?
"Sì, tutti qui vorrebbero giocare per la Roma e qualche volta succede e poi devi fare una scelta. Se sei abbastanza fortunato puoi permetterti di scegliere se andare in un club migliore o rimanere qui. Io ho fatto la mia decisione, calcisticamente una decisione sbagliata ma per me è andata bene così".

Quanti anni avevi quando hai firmato per la Roma?
"Ero nelle giovanili e avevo 12 anni. Non giocavo mai, sempre in panchina per i primi 4 anni. Ero un giocatore diverso, un attaccante molto leggero, tecnico ma non aggressivo".

Tu, Totti e Giannini siete considerati quindi tre eroi dai tifosi
"Si tratta dell'amore della gente per questa squadra. Non si tratta solo di noi tre, ci sono anche tanti altri giocatori, solo che altri non sono stati bravi abbastanza da poter scegliere se rimanere ma è il sogno di ogni bambino romano".

Quando sei passato da essere un attaccante a essere un centrocampista?
"Avevo 16 anni, stavamo perdendo contro una squadra toscana. Il capitano, un centrocampista come sarei stato io nella mia carriera, venne espulso e il mister mi disse di entrare e giocare nella stessa sua posizione. Andò bene, vincemmo 2-1. Nella gara, successiva giocai sempre in quella posizione, era contro il Pescara, ricordo tutto perché cambiò la mia vita e così andò in Primavera con lo stesso coach, giocando a centrocampo. Fabio Capello mi vide giocare e non sono più tornato indietro. Nell'anno dello scudetto riuscii ad andare un paio di volte in panchina e mi sono sentito una piccola parte di quella stagione. L'anno successivo, giocai 4-5 gare e nella stagione ancora successiva Capello cercò di prendere Davids ma l'affare non andò in porto. Avevo delle squadre che mi volevano, tra cui Chievo, Empoli e Reggina ma decisi di rimanere perché credevo di poter giocare e tutti mi dicevano che ero matto e che non avrei mai giocato con calciatori del calibro di Emerson, Dacourt, Tommasi, Zanetti. Giocai 25-26 partite alla fine".